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A un giorno dall’uscita de “I giorni del Corvo” per Ischire ritrovo nella posta di Facebook un messaggio non letto, risalente allo scorso febbraio della signora Teresa Chi, con un testo dedicato a Piani Inclinati.
La sua recensione era stata pubblicata sulle pagine del blog “Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei Libri” e ve le riporto testualmente, ringraziandola. Per quelle coincidenze significative di cui da qualche mese mi nutro, vorrei interpretarle come segno di buon auspicio per quanto succederà da domani.
“Certi libri sono capaci di catturati dalle prime righe, hanno qualcosa che ti fa capire che li dovrai leggere in fretta e non solo, come certi gialli, per capire lo svolgimento dei fatti. Si tratta di empatia: questo inizia con la descrizione del brullo e poco accogliente paesaggio montano del nord Sardegna, il Limbara e subito ci troviamo catapultati in un orrendo delitto: la scoperta del corpo straziato di un bambino di sette anni scomparso da pochi giorni dal paese, Bortigiadas.
Lo ha trovato, tra i rovi, Daniele Fois, un forestale silenzioso e misterioso che sceglie di prendere su di sé il peso di una indagine complessa perché stravolto dalla brutalità del reato.
Non c’è tregua in questo racconto: i fatti si succedono implacabili uno dopo l’altro, indagini, ricerche, interrogatori non lasciano quasi spazio per tirare il fiato e la tensione non si abbassa mai. I soli momenti di pausa ce li offre la descrizione degli impervi paesaggi montuosi con le sue rocce scolpite dal vento in forme quasi umane e con la vegetazione così fitta che sembra di sentire l’odore del cisto e del lentischio. La Sardegna vista con gli occhi dei “continentali”:
“C’era un che di avventuroso a passare in quelle strade deserte alla luce del tramonto. Era inevitabile sentirsi un po’ pionieri. Immaginare di condividere le stesse emozioni che molti uomini in un passato prossimo, o molto remoto, avevano provato trovandosi davanti a quella natura.”
Le indagini si complicano e da Roma arriva un maggiore del ROS, Linda, un ufficiale problematico e particolarmente intuitivo che deve capire come la Sardegna sia un mondo a parte con cui, per rapportarsi, bisogna imparare prima a comprendere come secoli di “colonizzazione” abbiano plasmato il carattere degli abitanti.
La scrittrice non tralascia mai, da vera sarda, di far sentire in tanti modi la voce dello scontento verso forme di “colonialismo” soprattutto nell’affrontare problemi gravi come quello degli incendi: i Canadair partono da Roma e arrivano dopo permessi e autorizzazioni “e intanto la terra brucia. Bosco, alberi, nidi, tane, animali…vediamo cose che è meglio non raccontare” dice il forestale.
Poi improvvisamente tutto precipita e con grande maestria e inventiva si arriva ad un finale che non ci risparmia certo colpi di scena. Fino alla fine la scrittrice riesce a tenerci sulla corda pur inframmezzando gli avvenimenti a considerazioni e descrizioni sempre ben inserite.
Mi hanno colpito molte cose in questo libro che ho difficoltà a catalogare solo come “giallo”: l’inventiva, l’introspezione psicologica, la capacità di immedesimazione e una scrittura particolarmente curata.
Ottima lettura.” – scritto da Teresa Chi
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